Di cosa mi occupo

Percorsi individuali

  • Consulenza psicologica
  • Colloqui clinici di valutazione 
  • Colloqui di supporto psicologico
  • Trattamento psicoterapeutico

“I dolori, le delusioni e la malinconia non sono fatti per renderci scontenti e toglierci valore e dignità, ma per maturarci.”

Herman Hesse, Peter Camenzind

Aree sintomatiche trattate

“Andare in ansia”, “avere l’ansia”, “sentire l’ansia che sale”… ma perché? E cos’è l’ansia?
Si tratta di uno stato di agitazione e di allerta, caratterizzato da batticuore, rigidità muscolare o respiro affannato. Ci si sente come davanti a un pericolo imminente e sconosciuto; non si trova un modo efficace per gestire tranquillamente situazioni difficili; si fatica a trovare la giusta concentrazione nelle cose e talvolta sopraggiungono alterazioni della memoria; si rimugina in preda alle preoccupazioni; si è maggiormente nervosi e insicuri.
Generalizzata o circoscritta a precise situazioni o persone, l’ansia caratterizza il confronto con le aspettative degli altri, siano esse difficili da inquadrare o fin troppo note e pressanti. La paura è quella di non essere all’altezza, di non farcela. Ciascuno coniuga l’ansia a circostanze e a persone per lui significative: sentirsi imprigionati in una relazione soffocante; sentirsi in pericolo perché scoperti e impotenti di fronte all’altro; temere o non sapere cosa l’altro si aspetti che siamo, che facciamo, che diciamo; non sapere come sottrarsi all’implacabile richiesta dell’altro; non sapere come fare a rendersi desiderabili per l’altro. Al fondo di tutte le questioni che provocano ansia vi è il non sapere cosa si è per l’Altro o al contrario la convinzione di essere visti e giudicati in un certo modo.
Il discorso sociale contemporaneo incentiva la risposta ansiosa a causa dell’enorme quantità di messaggi contrastanti che circolano attorno al modello da inseguire: essere vincenti e aggressivi ma anche emotivi e buoni, maliziosi e seduttivi ma anche leali e moralisti, con competenze ed esperienza ma anche freschezza e giovinezza. Genitori, insegnanti, gruppi di amici, ambiente lavorativo sembra ci chiedano continuamente di essere diversi da come siamo: sicuri, senza turbamenti né ripensamenti, prestanti, efficienti, allegri, belli… praticamente senza mancanze.

Cosa vuole davvero l’Altro da noi? Come ci giudica? Cosa bisogna fare per essere amati? La cura aiuta a comprendere come sganciarsi dalle pretese sociali offrendo la possibilità di scoprire qualcosa in più del proprio desiderio e liberarsi dal “dover essere” ciò che non si è.

Qualcosa va fuori controllo, l’angoscia impatta sul corpo e provoca un’esplosione di sintomi che non hanno nulla a che fare col nostro stato di salute fisica. Tachicardia, senso di oppressione al petto, sensazione di soffocamento, paura di morire, sensazione di impazzire, sudorazione, secchezza delle fauci, tremori, manca l’aria. Poi passa. E poi ritorna.
Ormai in molti conoscono questi sintomi, per averli sperimentati su di sé o visti negli altri. La società contemporanea è per l’appunto la “società del panico”. Chi ne soffre impara delle strategie per evitare di incontrare nuovamente l’attacco di panico, si fa accompagnare da una persona fidata nelle situazioni dove l’attacco potrebbe ripresentarsi (la macchina, l’ascensore, il treno, l’aereo, luoghi affollati, ecc.), ma la vita non è più come prima.

La psicoterapia psicoanalitica mira a individuare i dettagli e le circostanze del primo attacco di panico per poi enuclearne il senso, che si ritrova in tutti gli attacchi successivi. Alla base c’è un’angoscia che cortocircuita nell’esplosione dell’attacco improvviso. Ridurla e simbolizzarla è possibile.

Si tratta della conseguenza all’esposizione ad un evento stressante e traumatico, vissuto direttamente o a cui si ha assistito, che ha implicato morte o minacce di morte o gravi lesioni o una minaccia all’integrità fisica, propria o di altri. Come risposta avremo paura intensa e senso di impotenza e/o orrore che persistono successivamente al trauma e portano allo sviluppo di nuovi sintomi.

La psicoterapia consente di elaborare l’evento stressante e sciogliere gradulmente i sintomi.

Un lutto, la fine di un amore, la chiusura di un’esperienza importante o di una fase della vita. Queste e altre possono essere le cause di un sentimento di tristezza e di annullamento a cui non sembra esserci rimedio.
È il disinteresse per sé, per gli altri e per il mondo che ci circonda, è il pianto inconsolabile, è la lamentela continua. Nessun altro può capire il male che si prova. Ci si sente inutili, spenti, ridotti in pezzi. Talvolta sopraggiungono pensieri suicidari.
Il soggetto depresso si chiude al dialogo e alle attività quotidiane, deluso dall’insensatezza della vita.
La depressione è un grave vissuto, trasversale a tutte le fasce di età, che a volte trova espressioni non chiaramente riconducibili ad essa. In adolescenza, ad esempio, può esprimersi come attuazione di comportamenti autolesivi (uso di droghe, incidenti, fughe da casa, tagli sul corpo).

La psicoterapia psicoanalitica può permettere di recuperare il valore del legame con il sociale, di riprendere le fila della propria vita attraverso la riaccensione di un senso che illumini di nuovo consenta di rimettersi in moto.

La ricerca del legame con l’altro è spinta dal bisogno e dal desiderio. Non siamo nati per vivere da soli, eppure molto spesso il legame con l’altro risulta molto complesso e faticoso. E qualcosa si ripete sempre: sentirsi sotto costante giudizio; sentirsi soffocare dalle richieste dell’Altro; non trovare mai “la persona giusta” o trovare sempre quella “sbagliata”; insistere nei rapporti in cui ci si sente sminuiti o rifiutati; faticare a innamorarsi per paura di delusioni o perché non si riesce a provare nulla; sentire lo spettro della sofferenza sempre dietro l’angolo; tradire sempre o ritrovarsi sempre abbandonati in seguito a un tradimento… Queste e molte altre dinamiche relazionali rispondono a questioni soggettive di natura proiettiva, difensiva e aggressiva.

La psicoterapia psicoanalitica permette al soggetto di vedere la propria implicazione e la propria responsabilità nel determinare certe dinamiche e consente così di comprendere qual è il ruolo che si gioca nel rapporto con l’Altro e quale copione si ripete, incatenando la persona ad occupare sempre la stessa posizione nelle relazioni. Successivamente il soggetto è condotto ad incontrare la possibilità di annodarsi in modo diverso nel legame, costruendo una scena nuova che possa affrancare finalmente dalle solite problematiche.

“Da quando non c’è più, nulla è più come prima”. Piangere ad ogni evento che ne possa evocare il ricordo. Difficoltà ad elaborare la scomparsa di una persona cara, di una figura di riferimento a cui si era legati. Il tempo si è fermato e si vive alla giornata. Andare avanti sembra impossibile. Manca la capacità di ritrovare la propria forza vitale e di tornare a riporla in quelli che prima erano interessi e passioni.

La cura aiuta a ripercorrere i tratti significativi del legame affettivo che non c’è più, a illuminare di nuovo quel passato per riavvicinarlo a sé. Grazie alla funzione della parola, i racconti dei ricordi prendono un nuovo valore e a poco poco il dolore si allenta lasciando spazio a una nuova vita.

La dipendenza si considera patologica quando non lascia scampo al soggetto, che ormai senza scelta, è divenuto schiavo dell’oggetto: farmaco, alcool, droga, gioco, cibo, shoppig. La percezione è di aver bisogno di quella dipendenza per ottenere piacere o sollievo da uno stato di insoddisfazione o di infelicità o di dolore. Infinite sono le sfaccettature e le declinazioni, ma l’oggetto da cui si dipende ha sempre lo stesso carattere apparentemente “curativo”. L’oggetto diventa garante di stabilità, di divertimento, di sollievo, ecc. Il rapporto con l’altro (partner, amici, familiari) viene in secondo piano poiché il soggetto, anche se spesso non lo vorrebbe, finisce col chiudersi nel rapporto solitario con l’oggetto da cui dipende e solo lì si sente pienamente appagato. Il circuito della dipendenza è un circuito chiuso dal quale non si esce quando si vuole, benché questo sia ciò che crede il soggetto che ne soffre. A volte l’illusione di potere fare a meno dell’altro e trovare tutta la soddisfazione necessaria nell’oggetto che dà dipendenza dura fino a quando l’individuo cade, perché il corpo non regge il danno che la sostanza provoca o perché i soldi non bastano e i debiti aumentano. Bisogna fare qualcosa! Ma nulla sembra riuscire a bloccare la spirale che sta conducendo al baratro.

Il percorso psicoterapeutico punta a popolare di senso il discorso desertificato del soggetto, che diviene via via più consapevole del proprio disagio e di ciò che nasconde. A questo punto è possibile recuperare quella particolarità del soggetto che si era persa nell’abuso dell’oggetto, ritrovando una propria identità e una nuova realizzazione.

Dalle malattie autoimmuni ai disturbi cronici come atriti, gastriti, dermatiti, cistiti, ecc.; dall’emicrania all’endometriosi, dalle lesioni organiche all’alopecia, spesso i medici indicano lo stress come causa di diffuse malattie del corpo. Parlare di stress è il modo più comune e generico con cui si intende l’origine psichica delle malattie. I fenomeni psicosomatici sono malattie reali, portano dolore e danni concreti al corpo, anche se la loro origine non risulta chiarissima, e soprattutto sembra non esista un rimedio farmacologico definitivo. Perché?
Badare alle esigenze della vita, con dedizione e senza fermarsi; attraversare momenti stressanti senza nemmeno un lamento o senza lasciarsi il tempo di guardarsi dentro; sopportare stress cronico, eventi traumatici, grossi dispiaceri senza darci troppa importanza, puntando ad andare avanti come se nulla fosse. Ma l’angoscia, il dolore, lo stress precipitano sul corpo quando non trovano espressione e adeguata elaborazione nella parola, ed è per questo motivo che quando gli eventi stressanti accadono in età infantile, quando cioè non si hanno ancora sufficienti strumenti per verbalizzare il proprio dolore emotivo, assistiamo a risposte psicosomatiche più rapide. Sul corpo impatta un trauma col quale è difficile fare i conti: esperienze che segnano profondamente e che risultano difficili da elaborare ricadono sul corpo che, con la malattia o il disturbo, ne tenta una forma di elaborazione. Il corpo parla là dove il soggetto non può.

La psicoterapia psicoanalitica conduce alla messa in parola del segno muto che porta sofferenza nel corpo, e all’elaborazione del dolore psichico inespresso e, a volte, non riconosciuto dal soggetto, con l’effetto di risoluzione della malattia.

Nel nome di “anoressica”, “bulimica”, “obeso” il soggetto con disturbo del comportamento alimentare arriva a identificarsi, a far coincidere la propria soggettività con la malattia stessa. Il corpo diventa teatro del mondo interiore: le forme scompaiono nell’anoressica che insegue l’ideale del corpo magro, magro fino all’osso; il corpo si riempie, spinto dalla fame cieca, nell’obeso che del proprio corpo non si interessa; il cibo prima rifiutato viene d’un tratto ingurgitato dalla bulimica che, per rimediare alla perdita del controllo, corre a svuotarsi con il vomito.
Anoressia, bulimia, obesità sono declinazioni diverse di un rapporto che sul cibo proietta aspetti significativi del rapporto che si ha con l’Altro. I disturbi del comportamento alimentare traducono il problema dell’amore, indicando che qualcosa è andato storto, ma cosa? Ciascuno, dietro l’apparenza di un sintomo uguale per tutti, nasconde un particolare diverso. Il cibo è allora solo uno strumento che sottende la questione centrale per quel soggetto.

Per questo la cura psicoanalitica non mira all’educazione alimentare, non chiede di aprire la bocca per il cibo, ma di aprirla per far uscire ed entrare parole che portino all’emersione della particolarità soggettiva che identifica quella persona soltanto, con la sua storia e il suo modo di essere. Grazie all’elaborazione della questione personale profonda sarà possibile scardinare la ripetizione nociva del controllo sul cibo o della sregolatezza, per arrivare a saziare quella domanda inconscia che causa il disturbo e che è domanda d’amore.

Frigidità, anorgasmia, assenza del desiderio, vaginismo, sul lato femminile, impotenza, anorgasmia ed eiaculazione precoce, sul lato maschile, sono tra i disturbi sessuali più noti che spesso non hanno nulla a che vedere con problematiche francamente organiche. Il sintomo sessuale nasconde una verità rimossa del soggetto che ne soffre. Si tratta di una forma di disagio che esprime qualcosa del proprio sviluppo psicosessuale, depositato nell’inconscio. Fenomeno passeggero che sorprende e inquieta o sintomo di lunga durata al quale ci si sente ormai abituati, senza possibilità di una vita sessuale soddisfacente.
Di fronte a questi problemi spesso può risultare imbarazzante seguire esercizi specifici, ad esempio per ravvivare il desiderio nella coppia. Allo stesso modo può essere estraniante il tentativo di uniformarsi ad una forma di sessualità “normale”.

La psicoterapia psicoanalitica evita accuratamente di indicare la via dell’educazione o rieducazione sessuale, mostrando piuttosto alla persona come si possa reperire nella sua storia personale o in quella della coppia qualcosa che abbia contribuito alla produzione del sintomo. Ed è proprio a partire da un’elaborazione altra, attraverso la parola, che si allenta l’attenzione sul sintomo e si svela la possibilità di risolverlo.

Percorsi di coppia

  • Colloqui di orientamento alla coppia
  • Colloqui di supporto psicologico alla coppia
  • Terapia di coppia

“L’amore non si accontenta dell’istante, non si accontenta di bruciare, ma vuole durare”

Massimo Recalcati, Mantieni il bacio

Le problematiche relazionali all’interno della coppia toccano tutti. Ma quando la serenità viene turbata o addirittura stravolta è il momento di fermarsi per pensare, per comprendere se stessi e l’altro.

Momenti di passaggio come un cambio casa, l’arrivo di un figlio, un lutto in famiglia, la perdita del lavoro o un trasferimento, possono urtare l’equilibrio che si era stabilito e fare emergere incomprensioni, sentimenti nuovi o passati, malumori, intolleranza per i comportamenti dell’altro. La vita cambia e la coppia dovrebbe cambiare con lei, ma non è banale riformulare l’amore.

Ci si ritrova al punto di rispecchiarsi nel partner, a volte confondersi in lui sino a non vedere più quei limiti che preservano il rapporto. Gli argini, prima mai valicati, del rispetto, della cortesia, della sospensione del giudizio, non trattengono l’impeto rabbioso che ora prende il sopravvento, si fanno evanescenti. Nella coppia irrompe una rabbia nuova.

Dopo qualche anno la passione svanisce, scompare il mistero e si rimane insieme, a volte con sguardo fraterno, esposti a tutto ciò che prima era velato.

Genitori

  • Orientamento sulle declinazioni possibili del proprio ruolo genitoriale
  • Consulenza in relazione a situazioni critiche
  • Supporto alla genitorialità
  • Trattamento psicoterapeutico per genitori in difficoltà

“Non hai avuto modo di scegliere i genitori che ti sei trovato, ma hai modo di poter scegliere quale genitore potrai essere”

Marian Wright Edelman

Fare un figlio è importante che sia prima di tutto un pensiero ossia che il bambino nasca nei pensieri dei genitori prima ancora che in sala parto. È necessario che il figlio venga simbolizzato prima che nasca affinché possa avere un posto. La scelta del Nome, ad esempio, è sempre il frutto di una negoziazione tra i genitori e il Nome, segno di una simbolizzazione, predispone un posto simbolico per il bambino che nascerà.

Dedicare, attraverso colloqui psicologici orientativi, un ascolto privilegiato al pensiero di sé come genitore e al pensiero del figlio che arriverà, approfondire le proprie aspettative e i propri desideri mettendoli in tensione con i tratti che ci caratterizzano, costituisce una presa di coscienza che aiuta ad affrontare con serenità la grande rivoluzione in arrivo.

La nascita di un figlio segna l’ingresso nella dimensione genitoriale ed è frequente che l’inaugurazione del nuovo ruolo sia attraversata da dubbi, ansie, timori. Per quanto sia la cosa più naturale al mondo, ritrovarsi per la prima volta un figlio tra le braccia può provocare insieme a una grande gioia anche un grande senso di disorientamento. Essere investiti di nuove responsabilità, pensarsi all’altezza della situazione non è facile per tutti allo stesso modo. Capire come porsi rispetto a sé stessi e rispetto al bambino richiede uno sforzo che in questa prima fase è molto faticoso. Interpretare il suo pianto e dargli un nome, gestire la propria ansia davanti alle prime coliche o alla prima febbre sono alcuni esempi degli importanti compiti a cui i neogenitori sono chiamati. Oltre alle comuni difficoltà di questo periodo si riscontrano sempre più spesso nelle neo-mamme casi di depressione post-partum e baby blues: si tratta di fenomeni che comportano gradazioni diverse dello stato depressivo legato alla maternità, la prima più forte e duratura la seconda più lieve e circoscritta alle prime due settimane dopo il parto. È fondamentale accogliere questo disagio e dargli un senso che la mamma possa comprendere per riuscire a sgonfiare l’ansia generalizzata e il senso di inadeguatezza che prova e che spesso sono legati al fatto di dover trascorrere tutta la giornata da sola col nuovo arrivato che è tanto indifeso quanto bisognoso di moltissime attenzioni.

Per fare luce sulle questioni stringenti di questa fase e per affrontare ansie e preoccupazioni è utile essere accompagnati in un percorso breve di orientamento.

Seguire il bambino nei suoi primi passi, ascoltare e rimandargli le prime parole, e arrivare, intorno ai 2 anni, a scoprire i primi conflitti. È il momento dell’identificazione di sé come essere separato dalla mamma e per questo capace di proporre il proprio volere, di esprimere e rivendicare i propri bisogni. Una prima rivoluzione anche per i genitori, che devono riprogrammare il proprio modo di rapportarsi al bambino, perché ora inizia il difficile quanto essenziale lavoro educativo. La psicoanalisi spiega che la parola uccide la Cosa, la cultura mortifica la natura ovvero la componente animale. La parola che struttura la cultura è “NO”. Questo chiedono i bambini. Ma il “no” va detto in modo sensato e dialogico. L’epoca postmoderna in cui viviamo è l’epoca del “sì” e del bambino arrabbiato, del bambino che non vuole ascoltare. La prima infanzia è costellata di esperienze che richiedono una routine e una regola. Farlo dormire nel lettone o nella propria stanza? Lasciarlo un po’ nella carrozzina o tenerlo sempre a contatto? Come intervenire nei primi scambi che il piccolo ha con i pari? Cartoni animati sì o no?

È bene fare chiarezza su questi ed altri aspetti e considerare che ogni caso è unico e diverso dagli altri, pur sapendo che alcune abitudini possono essere dannose. Molto dipende dalla specificità della situazione, dal proprio stile, dai propri valori, ma quando la confusione non lascia spazio ad una decisione oculata e condivisa da entrambi i genitori è difficile mantenere una posizione univoca e rassicurante.

Prendersi un tempo di riflessione con cui comprendere i passaggi fondamentali del bambino, fermare la giostra dei pianti e della frenesia della quotidianità popolata di “capricci”, per cercare di capire cosa sta veramente accadendo. Il bambino mette in atto quello che i genitori mettono in campo, in modo più o meno velato. Un orientamento con consulenza psicologica aiutano ad individuare questioni importanti e a comprendere come agire per impostare dinamiche virtuose che aiuteranno anche il bambino a proseguire il suo percorso di crescita più serenamente, smarcandolo da quei comportamenti eccessivi dettati da un bisogno di espressione e di attenzione rivolti ai genitori.

Le nuove e sempre più dettagliate competenze cognitive e sociali del bambino in questo periodo pongono i genitori davanti a soggetti che stanno particolareggiando sempre più il proprio carattere. I genitori si misurano con lo sviluppo di interessi specifici, con richieste inedite, con una innovazione nel rapporto col cibo, laddove un tempo mangiava tutto sorgono ora gusti e preferenze molto più chiari. Il bambino fa esperienze spesso di fobie, molto comuni a questa età, e destinate solitamente ad esaurirsi con la crescita. Si assiste all’ingresso in quello che Freud chiamò complesso edipico, diverso per maschi e femmine, e alla strutturazione psichica del bambino. Il ruolo della madre e quello del padre, distinti ma ugualmente centrali, sono sulla scena sotto il riflettore come grandi protagonisti di quello che è un primo tempo della partita della strutturazione del soggetto. Come la madre parla del padre? Come ne avvalora la parola? Come il padre tratta la madre? Come la madre e il padre prendono i provvedimenti educativi verso il bambino? Come parlano al bambino? Hanno uno stile condiviso o si contraddicono nelle parole e/o nei fatti? E ancora: come si sta impostando il ritmo di vita del bambino? Cosa si mette a sua disposizione? Quali e quanti giochi popolano la sua stanza? Viviamo nell’epoca dell’eccesso in cui non manca nulla ma la cosa più importante per i bambini è proprio avere a che fare con la mancanza, con la noia, con l’assenza di oggetti. Come si può giocare con l’ombra sul muro bianco se il muro è pieno di giochi che dicono “giocami”? Come fare ad orientare i bambini, figli di un’epoca priva di mancanza, a sgombrare il campo per giocare solo con la fantasia, per imparare ad ascoltare ciò che si vorrebbe, per dare più valore al gioco con l’altro che al giocattolo, per iniziare a desiderare?

Un supporto orientativo psicologico tra questi ed altri interrogativi apre questioni essenziali con cui è importante che i genitori si misurino.

Si inaugura un nuovo tempo per i genitori che di fronte alla dimensione della performance del bambino, ai compiti, alle valutazioni scolastiche, prendono una posizione rispetto al senso del dovere e al sapere, come disciplina della conoscenza e come possibilità di apertura verso il mondo e luogo di passione. In lontananza la proiezione di quello che potrà conseguire da una buona performance scolastica o da una insufficiente.

Il genitore assistente che aiuta e partecipa alla vita scolastica del bambino; il genitore sostituto che fa i compiti al posto del bambino; il genitore che delega tutto alle maestre; quello che vorrebbe aiutare il figlio ma non ce la fa; quello che desidera che il figlio ami lo studio; quello a cui non importa della scuola; il genitore esigente e severo; quello permissivo e tollerante. Esistono in realtà molte sfumature, l’importante è avere consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo su questo versante, sapere che le parole che si dicono al bambino e l’atteggiamento verso questo ambito della vita avranno una lunga risonanza per lui e saranno, come sempre, determinanti.

L’ingresso nella socialità vera e propria promossa dalla scuola propone ai genitori una lunga serie di preoccupazioni che ruotano attorno ad essa, dal bullismo alle difficoltà relazionali coi pari o con gli insegnanti.

Come impostare coi propri figli un dialogo che li aiuti ad esprimere ciò che li inquieta liberamente, come riuscire ad intercettare un disagio e intervenire tempestivamente per alleviarlo? In questi casi, un breve percorso di consulenza può fornire utili strumenti per destreggiarsi abilmente tra i problemi che possono emergere nel contesto in cui il bambino vive.

I primi mutamenti del corpo si traducono spesso in un disagio per i genitori: per il padre il corpo della figlia che cambia e lascia emergere una nuova dimensione pulsionale, per la madre il figlio che cambia la voce a accenna i primi peli. È il tempo della maturazione sessuale che porta con sé i primi interessi verso la sessualità. Ma è anche il tempo dell’acquisizione di nuove capacità della mente e di nuove competenze relazionali. Tali importanti cambiamenti richiedono ai ragazzi di affrontare complessi compiti di sviluppo come la ristrutturazione dell’immagine di sé e la gestione del profondo senso di sbandamento dato dalla fine dell’infanzia. Iniziano le prime timide richieste di indipendenza, le prime uscite pomeridiane.

Si tratta di una fase cruciale in cui i genitori devono sapere esserci e iniziare al contempo a concedere al figlio la possibilità esplorativa di sé, degli altri e dello spazio circostante, calibrando con cura quanto egli sia in grado di sperimentare.

Quando in questa fase si presentano situazioni critiche, di varia origine, è importante confrontarsi con un esperto per affrontarle al meglio.

È il terremoto della crescita. La trasformazione del corpo è portata a compimento. Muore il corpo del bambino e questo è faticoso da accettare per il genitore quanto per il figlio, che ora vive il suo corpo come estraneo, impazzito. L’immagine è irriconoscibile: si riedita una scoperta di sé così come accadeva nella prima infanzia, quando si rimaneva a lungo davanti allo specchio. Si accende il corpo pulsionale e si cerca il corpo dell’altro.

I figli escono dalla famiglia per cercare il gruppo di amici e la regola del genitore è messa in discussione o addirittura disattivata. Sorgono le preoccupazioni per le frequentazioni del proprio figlio, per le scelte che fa e che non dice. Come fare a concedere la dimensione del segreto, così importante in questa fase, preservando un dialogo libero che permetta al figlio di dire se qualcosa non va? Essere genitori di un adolescente comporta la sottolineatura della propria differenza dal figlio e al contempo l’ammissione di una separazione operata da parte sua.

Non è semplice per i genitori misurarsi con la frustrazione di venire tagliati fuori, scartati e lasciati all’oscuro. Queste paure spesso portano il genitore ad essere molto permissivo, molto aperto, molto presente impedendo però al ragazzo di compiere i passaggi necessari per la sua crescita. Il conflitto, che per alcuni genitori rimane l’aspetto più critico sul quale vale la pena di soffermarsi, è in molti casi assente. Ma dove l’assenza di conflitto garantisce la quiete familiare, si crea più spazio a silenziosi comportamenti trasgressivi, indispensabili in adolescenza, che possono prendere il sopravvento.

Condurre i propri figli a fare scelte di buon senso, a percorrere la strada giusta, continuare a vegliare su di loro mantenendo una distanza di sicurezza che permetta loro di separarsi e individuare se stessi. Affrontare con loro i primi fallimenti, essere presente davanti alle loro prime delusioni, accogliere la loro rabbia. Il compito genitoriale in adolescenza è quanto mai faticoso e delicato. È qui che si gioca il secondo tempo della partita della strutturazione del soggetto.

Un supporto psicologico aiuta il genitore a sostenere il suo ruolo e a dirimere, quando necessario, situazioni difficili.

Per approfondire

Adolescenza

  • Colloqui psicologici di sostegno
  • Colloqui di orientamento
  • Trattameto psicoterapeutico

“La vita non conclude. E non sa di nomi, la vita. Quest’albero, respiro tremulo di foglie nuove. Sono quest’albero. Albero, nuvola, domani libro o vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo”.

L.Pirandello, Uno, nessuno e centomila

Adolescente vuol dire che si sta nutrendo, è il participio presente del verbo latino adolescere, composto da ad (rafforzativo) e alere (nutrire).

È il periodo in cui ci si nutre, ci si equipaggia per diventare adulti, autonomi e in grado di condurre la propria vita assumendosi la responsabilità di sé stessi.

La trasformazione del corpo, che si risveglia e si accende, accade senza poterla controllare, sotto il riflettore dello sguardo degli altri, dei compagni di scuola, degli amici.

È complicato dedicarsi all’identificazione di chi siamo, di cosa vogliamo e di chi vogliamo diventare mentre percepiamo di essere sotto la lente del giudizio. Per questo ci si trova a mediare tra ciò che si vorrebbe e ciò con cui si vorrebbe compiacere l’altro, ma lo scopo finale è fare a meno dell’approvazione degli altri, vivere la propria vita in armonia con gusti e aspirazioni singolari.

Una duplice dimensione dell’aspettativa regola di frequente i legami in adolescenza. Le aspettative genitoriali sull’andamento scolastico o sulla condotta, sulla scelta degli amici o del partner possono essere molto pressanti. Le aspettative verso gli altri spesso mettono nella condizione di incontrare delusioni.

La quotidianità casalinga scorre in alcuni casi senza dialogo, in altri casi con provocazioni e litigi continui. Lo scontro con i genitori fa parte della partita adolescenziale ma può risultare estenuante, e la voglia di evasione può portare più lontano di dove si voleva approdare, fino a circostanze talvolta angoscianti in cui si necessita di un aiuto per poterne uscire.

Il bisogno di modelli di riferimento cui aspirare, di personalità ideali a cui aderire è stringente in questa fase esplorativa della vita.

Ci si ritrova avvolti dal proprio monologo a porsi intimamente questioni importanti sulla vita e sul mondo. Ma quali rapporti e come gestirli senza soccombere alle strette maglie della rete in cui regnano i social network, filtri all’immagine soggettiva e alla comunicazione autentica? Come procedere nel cammino che porta verso l’età adulta con lo sguardo rivolto verso l’esterno se si è presi dal fissare ogni passo rivolgendo lo sguardo sul proprio viso per un selfie, testimonianza e garanzia di esserci? Chi riconosce il nostro essere? Chi ci rimanda il nostro valore? Sono questioni che caratterizzano l’individuo per tutta la vita, ma si fanno tanto più problematiche quanto più si rivolgono alla moltitudine informe e sconosciuta che caratterizza i social sul web. Spesso capita che la smania dimostrativa prenda il sopravvento creando uno scollamento dal proprio sentire.

“Chi sono davvero?”, “Dove voglio andare?” sono alcune delle domande capitali che sottendono il profondo senso di crisi personale tipiche di questa fase della vita. Uno, nessuno e centomila è a volte la risposta.

L’adolescenza è turbamento, incertezza, dubbio, sbandamento. Primi amori e primi dolori. Rifiuti, abbandoni e delusioni fanno da contraltare alla nascita di nuovi legami. Dolore e anestesia si alternano spesso. Bisogno frenetico di contatto sociale e ritiro in solitudine sono due versioni diverse e ad oggi molto frequenti del comportamento giovanile.

Terza età

  • Colloqui psicologici di sostegno
  • Colloqui psicologici di supporto alla riabilitazione
  • Colloqui psicologici di sostegno e supporto domiciliari
  • Trattamento psicoterapeutico

“Oggi fa bel tempo, nevvero? Il cielo dovrebb’essere azzurro, l’aria dolce, il sole splendido. Io lo capisco ma non lo sento. Vedo grigio e sento grigio.”

I. Svevo, Senilità

È l’età degli acciacchi, della solitudine, dei nuovi ritmi, di una nuova dimensione sociale, soprattutto per chi vive in città. Le abitudini di una vita iniziano a modificarsi o a sparire, ora perché non si è più in grado di seguirle ora perché non ci sono più le condizioni che lo permettono. Sentirsi spaesati, a volte per causa di una scarsa lucidità nei pensieri o nei ricordi; non riconoscersi più perché il corpo è cambiato e pone nuovi limiti allo stile di vita che si vorrebbe ma che non è più praticabile; il pensiero è ancora veloce, la vitalità pulsa, ma le condizioni sono cambiate e si passa il tempo con frustrazione; sentirsi un peso per i figli; non volersi rassegnare e al contempo non trovare il modo di trascorrere la vita con piacere.

Un trauma dato da una malattia improvvisa, il lutto per la morte della moglie o del marito, la lontananza dai figli o dai nipoti. Sentirsi inutili,sentirsi dimenticati, sentire che oramainon c’è più niente da fare.Per questi motivi spesso la terza età conosce la depressione e la solitudine.

Laddove la vita procede ovattata, muta, isolata, mentre per tutti gli altri scorre frenetica e imbevuta di legami sociali, coloro che vivono la stagione della lentezza e della saggezza sono lontani, dimenticati, separati. In questa separazione forzata si origina il sentimento depressivo che spesso tocca gli anziani.

Il supporto psicologico costruisce e agevola un passaggio per guadare il fiume della stigmatizzazione con cui è spesso identificata la persona anziana e che tiene a distanza dal piacere della vita. L’ascolto e la presenza hanno il potere di riportare preziosità nei racconti e di guardare ai ricordi liberi dal giudizio. Il dolore psichico trova uno spazio per essere elaborato fino ad alleggerire la mente. Un sostegno psicologico può essere la risposta giusta con cui affrontare i momenti difficili che si incontrano con la vecchiaia, un aiuto a riappropriarsi del proprio valore e a ritrovare serenità e fiducia nel proprio presente.

Per approfondire

Psicobiotica

  • Valutazione diagnostica di disturbi psicosomatici
  • Trattamento psicoterapeutico
  • Consulenza psicologica sul legame tra i disturbi fisici e stato stressogeno
  • Orientamento nell’uso di protocolli di integrazione probiotica
  • Colloqui di sostegno psicologico affiancato all’integrazione probiotica
  • Indicazioni di invio a medici specialisti che adottano un approccio microbiotico integrato

“Il corpo è una grande ragione, una pluralità con un solo senso, una guerra e una pace, un gregge e un pastore.”

F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra

Molti studi dimostrano il ruolo del microbiota intestinale su stress, ansia e depressione. Evidenze scientifiche sempre più acclarate illustrano infatti la comunicazione bidirezionale dell’asse intestino-cervello.

I microrganismi presenti nel microbiota enterico a livello intestinale ed esofageo producono il 95% dei neurotrasmettitori che ritroviamo a livello cerebrale e che si occupano di modulare lo stato umorale ed emotivo, l’ansia, i ritmi del sonno, la memoria e la capacità di apprendimento.

Disturbi fisici possono cronicizzarsi e dare origine a vere e proprie patologie complesse: reflusso gastroesofageo, intestino irritabile, stipsi, dispepsia. Questi disturbi possono essere legati alla dimensione psichica: in alcuni casi sono provocati dalla psicosomatizzazione, in altri causano disagio psichico.

Un’adeguata e mirata integrazione Probiotica è in grado di modulare la comunicazione microbiota-intestino-cervello e migliorare al contempo lo stato di salute fisica e mentale.

Ricerche scientifiche dimostrano come altri disturbi e patologie abbiano una correlazione con le alterazioni del microbiota intestinale. Si parla ormai anche di asse intestino-pelle, asse intestino-polmoni, asse intestino-apparato urogenitale, ecc.

Interventi di biomodulazione sul microbiota intestinale sono impiegati efficaciemente in età pediatrica, in gravidanza, in allattamento e in menopausa in un’ottica di prevenzione, benessere e come coadiuvante nella cura di disfunzioni e patologie correlate.

Consulenze pedagogiche

  • Gruppi di parola (incontri con gruppi di educatori, insegnanti e altri operatori del settore educativo)
  • Consulenze mirate a specifiche situazioni
  • Incontri formativi

L’età dello sviluppo attraversa, nelle sue diverse fasi, problematiche classiche e problematiche inedite sorte sul campo di una contemporaneità complessa e per certi versi ostile a quelle che sappiamo essere le condizioni migliori per la crescita di un individuo.

Dal bullismo al senso di inadeguatezza profonda, dall’irrequietezza all’apatia, dai disturbi del comportamento alimentare al cyberbullismo, dall’hikikomori (fenomeno di ritiro e isolamento dalla vita sociale) alla violenza, dalla sfiducia rinunciataria verso il futuro al bruciare il presente con comportamenti pericolosi e autolesivi. Questi sono alcuni esempi di come si declina la sofferenza psichica in età evolutiva.

Come porsi verso le forme del disagio giovanile? Come impostare o gestire un legame positivo con chi soffre? Come riuscire a tendere una mano in modo che dall’altra parte il bambino o il ragazzo l’afferri?

Psicologo a scuola

  • Sportello di Ascolto
  • Laboratori Espressivi
  • Gruppi di Parola

Rivolgo i miei progetti d’intervento nelle scuole alle secondarie di primo grado (scuole medie) perché gli alunni in questa fase evolutiva attraversano un periodo molto delicato della loro crescita. Sono per questo molto fragili e bisognosi di figure di riferimento diversificate oltre ai propri genitori. Pertanto, nella mia esperienza, sono più propensi a fruire del servizio di sportello psicologico, lasciando da parte diffidenza e sospetto, più frequenti invece in adolescenza inoltrata.

La scuola ricopre un ruolo cruciale sia per i ragazzi che per le loro famiglie, non solo per la formazione didattico educativa, ma anche perché è il luogo di riferimento nel quale si strutturano le relazioni con gli adulti e con il gruppo dei pari. La scuola coincide con lo scenario in cui prende forma la densità del vissuto dei ragazzi, spesso disorientati nel passaggio tra fanciullezza e adolescenza, e si può configurare come un prezioso osservatorio dei processi di crescita e delle fatiche ad essi correlate. L’ambiente scolastico pur essendo per i preadolescenti un contesto che richiede impegno e che può comportare una quota di frustrazione, è comunque un luogo che contribuisce alla realizzazione di sé, un ambiente che accoglie, contiene e che offre una continuità alle relazioni. A volte però è anche lo spazio in cui si scatenano disagi dovuti allo sviluppo dell’emotività tipico di questa fase, e in cui emergono atteggiamenti aggressivi ora verso i pari ora verso gli insegnanti.

Attraverso la relazione positiva con alunni, insegnanti e genitori, lo psicologo a scuola opera la promozione del benessere psicologico, prevenzione del potenziale disagio e, nei casi critici, può ricoprire quella funzione di ponte con enti esterni cui indirizzare l’alunno verso un percorso terapeutico più mirato.

Psicologo in farmacia

  • Convenzioni con le farmacie per un accesso agevolato
  • Contratti con le farmacie per un accesso gratuito

Ho stabilito un rapporto professionale con alcune farmacie di Milano permettendo un accesso facilitato al servizio che prevede una tariffa agevolata per un numero prestabilito di colloqui.

In questa attività seguo le linee di indirizzo elaborate dal CNOP.

In questo momento è importante che la società si faccia carico su più livelli di rispondere ai bisogni dei cittadini investiti dalle paure e dalle ricadute che la pandemia ha generato. Non sappiamo ancora quando usciremo dall’emergenza, e osserviamo come ogni nuova ondata porti una riacutizzazione dei sintomi e un peggioramento dei vissuti sperimentati al suo esordio, pertanto è necessario ora più che mai potenziare la capillarizzazione dei servizi di supporto psicologico.

Proprio per la sua centralità, la farmacia si può porre come riferimento non solo rispetto alla salute fisica e alla consulenza farmacologica, ma anche rispetto alla salute psichica e in un’ottica preventiva può offrire una consulenza psicologica alla sua clientela abituale.

La farmacia dei Servizi

La legge 69 dell’anno 2009 e il successivo decreto legislativo hanno permesso alle farmacie di diventare luoghi polifunzionali dell’area socio-sanitaria grazie alla molteplicità di servizi professionali focalizzati alla promozione del benessere delle persone.

Dall’analisi del capello, alle valutazioni dermatologiche, dalle consulenze nutrizionali agli esami del sangue, la farmacia oggi è in grado di porsi come un punto salute, registrando per questo un elevato gradimento da parte dei cittadini, che ritrovano nella comodità di un ambiente familiare e qualificato l’occasione di fruire di servizi utili alla prevenzione.

Perché lo psicologo in farmacia

In tale contesto di integrazione multiprofessionale volto alla salute, sono nati i primi progetti riguardanti l’introduzione della figura dello psicologo in farmacia con il patrocinio di varie associazioni di categoria, tra le quali Federfarma e l’Ordine degli Psicologi.

La proposta stessa di un servizio di ascolto e consulenza psicologica presso la farmacia consente a molti di dar voce a un bisogno che il più delle volte restava inespresso.

L’accesso ai servizi di assistenza è spesso un’opportunità della quale solo poche persone usufruiscono, ora per una difficoltà nel sostenerne i costi ora per una scarsa conoscenza di cosa si possa ottenere da un servizio di questo genere.

Cosa fa lo psicologo in farmacia?

Lo psicologo di quartiere in farmacia offre una consulenza che ha come oggetto la prevenzione e la definizione chiara e consapevole di un malessere in ambito psicologico trasversale ai vari contesti di vita di ognuno (familiare, lavorativo, sociale) e offre un sostegno volto a far emergere le risorse personali di ciascuno e/o a trovare reti di supporto specifiche sul territorio. Lo psicologo nel concreto offre al cittadino un servizio di consulenza e sostegno psicologico oltre a momenti di ascolto e orientamento sui servizi territoriali, con l’obiettivo di affiancare il soggetto nella ricerca di una chiave di lettura del proprio disagio e di orientarlo verso la scelta di un corretto percorso psicodiagnostico e terapeutico presso enti pubblici o privati, garantendo una risposta competente e qualificata alla richiesta di aiuto.

Covid-19. Attualità tra postumi, paure e rischi

L’emergenza ancora in corso ha visto attivare numerosi servizi di assistenza ai cittadini, colpiti direttamente o indirettamente dal Corona virus, tra cui molti servizi di sostegno psicologico telefonico gratuito erogato da associazioni ed enti pubblici tra cui va citato il numero verde del Ministero della Salute pubblicizzato anche in televisione e durante i telegiornali nazionali. L’accesso facilitato ad uno sportello psicologico è stato estremamente copioso e le casistiche hanno frequentemente esulato dal contagio o dal coinvolgimento diretto con la malattia, dimostrando come la circostanza abbia esacerbato problematiche pregresse e mai affrontate prima, per scarsa incidenza sulla vita quotidiana o per pregiudizio.

Durante la fase 3 in molti luoghi di lavoro si sono attivati nuovi servizi di sostegno alla persona per far fronte ai nuovi bisogni della popolazione. Il supporto psicologico è tra questi.

Per approfondire